La bella crisi

Riccardo Christian Falcone | 12-12-2017 | Le opinioni

Sapevamo che sarebbe stato difficile. Un anno fa, lanciando la sfida de Il Nuovo Piccolo Giornale, sapevamo che ci sarebbe costata fatica e impegno. Per una serie di ragioni diverse, la prima delle quali era ed è la grande responsabilità che riportare in vita il foglio ideato e diretto da Marcello Torre nel 1970 comportava. E poi ci sarebbe stato il lavoro quotidiano di gestione del sito, di scrittura degli articoli, di stampa. Tutta roba che chi ha a che fare con questo lavoro conosce bene.

Noi ce l’abbiamo messa tutta per essere all’altezza di quella responsabilità. Avevamo preso un impegno e sapevamo di doverlo portare avanti. A tutti i costi.

È stato un anno bello e importante. Il Piccolo è servito – anzitutto a noi stessi – per approfondire, per capire, per scavare ancora più a fondo nelle contraddizioni di questo territorio. E ci siamo stupiti nel cogliere quanto ancora si poteva raccontare e non si raccontava, quante volte noi stessi eravamo stati distratti di fronte a quello che ci accadeva attorno. Abbiamo raccontato la bellezza di chi resiste, il lavoro quotidiano di chi interpreta nella concretezza della propria esistenza e del proprio impegno i valori veri dell’antimafia sociale, che sono quelli dell’accoglienza, del servizio a chi fa più fatica, della relazione e della prossimità.

E ora per fortuna siamo in crisi. Sì, per fortuna. Siamo in crisi e ci tocca scegliere. Perché la crisi che abbiamo attraversato e stiamo attraversando con Il Piccolo ci riporta faccia a faccia con le nostre responsabilità, quelle che ci siamo assunti un anno fa. È una crisi che ci induce alla consapevolezza di non sentirci arrivati, di dare continuità al nostro impegno, di dargli coerenza e di farlo nel segno della corresponsabilità. Tre parole – coerenza, continuità, corresponsabilità – al di fuori delle quali quello che abbiamo costruito in quest’anno non ha alcun senso. Per fortuna siamo in crisi e ne siamo felici. Perché questa parola ci mette in gioco di nuovo, ci costringe a mettere testa e cuore in quello che vogliamo ancora fare. Dovremmo conoscerla più a fondo forse questa parola. Dovremmo abituarci di più a leggerla, scriverla ed ascoltarla sapendo che chi vuole spacciarla come una parola brutta, che minaccia il nostro futuro e tormenta il nostro presente, forse ci sta truffando. E lo sta facendo nel nome di una paura che ci inchioda alle piccolezze della nostra quotidianità e non dà respiro alla prospettiva del nostro futuro. Per gli antichi greci, la parola krísis – e il verbo kríno da cui deriva – significa esattamente il contrario. Significa, appunto, scelta. Scegliere. E letta così, ne ricaviamo il senso positivo di una grande opportunità che ogni crisi porta con sé: trasformare un momento di difficoltà nello slancio per una nuova stagione. Faccia a faccia con la nostra coscienza, ci tocca allora assumerci la responsabilità di scegliere come superarla la crisi, come costruire un cammino nuovo.

In fondo, per il futuro de Il Piccolo, questa scelta noi l’abbiamo già compiuta. La scelta di ostinarci a dare ancora gambe a questa esperienza, nonostante tutto. Capiremo bene e insieme come fare, ma lo faremo.

E ricominciamo da oggi. Ricominciamo da questo numero speciale che abbiamo costruito per il trentacinquesimo dell’Associazione Marcello Torre e del Premio che ne fu il primo e più bel frutto. Trentacinque anni nei quali, spesso nel più totale isolamento, sempre qualcuno si è ostinato a trasformare la memoria di Marcello in uno strumento di approfondimento e di cambiamento. Ce n’è bisogno ancora. Perché, in questa terra come ovunque, Marcello continua a lanciare la sua sfida. Ogni giorno. “Il mondo, in fondo, non è tutto da buttar via e si può avere una fede e trovare uno scopo nella vita”.