Corsi e ricorsi, di storia e non solo.

Riccardo Christian Falcone | 15-06-2019 | I fatti

Prima premessa: in questo articolo mi asterrò da qualsiasi commento e valutazione di carattere politico. Credo che, ancora una volta, la prima urgenza sia quella di dire una parola di verità.

Seconda premessa, che discende dalla prima: leggerò con piacere commenti di merito negli spazi di condivisione di questo articolo. Non farò altrettanto - e agirò di conseguenza - con eventuali insulti, strumentalizzazioni, falsificazioni della realtà o robe simili.

Ricostruiamo i fatti e proviamo a fare qualche considerazione di dettaglio.

Il 9 giugno del 2014 la Corte di Appello di Salerno deposita la sentenza con la quale dichiara il già Sindaco di Pagani Alberico Gambino incandidabile ai sensi dell’articolo 143 del TUEL. Cosa dice questo articolo? Dice che gli amministratori responsabili delle condotte che hanno dato causa allo scioglimento del consiglio comunale per infiltrazioni mafiose non possono candidarsi alle elezioni regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali limitatamente al primo turno elettorale successivo allo scioglimento, qualora la loro incandidabilità sia dichiarata con provvedimento definitivo. Vi ricordo, così evitiamo tutti di scrivere sciocchezze, che lo scioglimento dei consigli comunali per infiltrazioni è nel nostro ordinamento un provvedimento di natura preventiva, completamente slegato e indipendente dagli eventuali procedimenti penali in essere e/o conclusi. Dunque, non c’entrano assolutamente niente processi, condanne e/o assoluzioni. Ok? Bene.

Contro questa sentenza della Corte di Appello di Salerno, i legali di Gambino presentano ricorso per cassazione (il numero 14674 del 2015), adducendo una serie di motivazioni, la più rilevante delle quali è che, secondo loro, Gambino avrebbe già subito gli effetti dell’incandidabilità con il turno amministrativo del 25 e 26 maggio 2014, che costituirebbe dunque il primo turno elettorale successivo allo scioglimento.

Il 24 aprile 2019, dunque a poche ore dalla scadenza del termine per la presentazione delle candidature alle amministrative del 26 maggio scorso, succede un altro fatto: i legali di Gambino rinunciano al mandato di difensori e chiedono il differimento dell’udienza. Tenetelo a mente, perché non è un fatto irrilevante.

Finalmente il 16 maggio 2019, dunque a candidature presentate ma ad elezioni non ancora avvenute, la Prima Sezione della Corte di Cassazione pronuncia una sentenza molto chiara (è sul sito della Cassazione, leggetela per favore se volete entrare nel merito) che respinge il ricorso di Gambino. La sentenza risulta pubblicata il giorno 11 giugno ma potrebbe essere stata depositata anche prima (è il deposito in cancelleria l'atto che sancisce la conoscibilità delle parti e dunque la definitività della sentenza). Inspiegabilmente l’opinione pubblica non viene a sapere nulla, se non dopo lo svolgimento della cerimonia di proclamazione, inizialmente fissata per venerdì 14 giugno e poi addirittura anticipata, non si capisce bene perché, al 13 giugno. Ma ci torneremo su questo.

Cosa dice la sentenza della Cassazione? Sostanzialmente due cose:

1. l’incandidabilità scatta successivamente al provvedimento definitivo - la cui data, come detto, dovrebbe essere quella del deposito in cancelleria e di pubblicazione, cioè l’11 giugno 2019 -, anche se intanto si sono svolte altre elezioni. Quindi tanto le amministrative del 2014 quanto le regionali del 2015 non erano il primo turno elettorale utile dopo la definitività del provvedimento. Dunque, l’argomento del ricorso viene ritenuto inammissibile;

2. ma c’è di più, perché la Cassazione chiarisce (ma lo aveva già fatto con altri pronunciamenti) che l’incandidabilità riguarda non la prima elezione successiva allo scioglimento ma ognuna delle tornate elettorali, diverse per livello istituzionale, successive alla dichiarazione definitiva di incandidabilità. Insomma, il soggetto dichiarato incandidabile con provvedimento definitivo non può candidarsi alla prima elezione regionale dopo la sentenza, alla prima elezione provinciale, alla prima comunale e così via.

Vi prego di tenere presente che non sono mie deduzioni queste, ma i contenuti della sentenza della Cassazione che, vorrei ricordarlo, rappresenta nel nostro ordinamento l’ultimo e definitivo grado di giudizio.

A quanto mi è dato di capire, la strategia dei legali di Gambino è stata quella di saltare il fosso delle elezioni di maggio 2019. E potrebbero anche esservi riusciti se effettivamente la data di definitività della dichiarazione di incandidabilità è quella dell’11 giugno (ripeto, andrebbe verificata la data di deposito in cancelleria per definire questo punto). Stando così le cose, si sarebbe potuto candidare a questo giro ma non potrà farlo alle regionali dell’anno prossimo e al prossimo turno amministrativo. Vi ricordate che vi ho chiesto di tenere a mente la data del 24 aprile, quando, a poche ore dalla scadenza del termine per la presentazione delle candidature, i suoi legali rinunciano alla difesa e chiedono il differimento dell’udienza, determinando di fatto l’allungamento dei tempi fino a superare la data di presentazione delle candidature? Ecco, ora dovreste avere chiaro il perché.

Ma, a parte tutto questo, il punto centrale ora è un altro. E non lo dico io, ma la legge. Pur non essendo un giurista, un po’ di cose le ho lette e posso dirvi che l’Ufficio Elettorale che ha proclamato il Sindaco eletto, prima di procedere alla proclamazione, aveva l’obbligo (date un’occhiata alle Istruzioni per queste operazioni sul sito del Ministero dell’Interno) di verificare che non esistessero cause di incandidabilità anche occorse dopo la presentazione delle candidature. In questo caso, avrebbe dovuto procedere ad una dichiarazione di mancata proclamazione. Invece, l’Ufficio Elettorale procede e anzi anticipa di un giorno la proclamazione. Sembra che il Presidente di questo ufficio abbia dichiarato di non essere venuto a conoscenza dell’esistenza di questa sentenza prima della proclamazione. Trattandosi di un Magistrato, non ho motivi per dubitarne. Ma ora ne è a conoscenza e io credo che a dover agire sia proprio l’Ufficio Elettorale, assumendosi la responsabilità delle proprie decisioni, che sono unicamente in capo ad esso.

Non credo ci sia lo spazio per facenti funzione o cose simili, dal momento che di fatto il Consiglio comunale e la Giunta non esistono ancora. Se dovessero essere proclamati anche i Consiglieri e dunque insediarsi, si potrebbero ravvisare, a mio avviso, profili di omissione da parte di chi doveva produrre atti specifici e non lo ha fatto.

Ma non basta, perché anche a proclamazione avvenuta, la Legge Severino, che, ai sensi dell’articolo 16 si applica anche ai casi di incandidabilità disciplinati dal TUEL, dice chiaramente che chi ricopre la carica di Sindaco decade automaticamente alla data di definitività della incandidabilità. In questo caso, e solo in questo caso, potrebbe presentarsi la circostanza del Sindaco facente funzioni. Ma ci sono ampiamente i margini per evitare che accada.

Dal punto di vista tecnico, questo sembra essere il quadro.

Ovviamente, su tutto pesano delle considerazioni di carattere politico, etico e di opportunità che mi riservo di approfondire.